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Comunità energetiche rinnovabili per scuole e università

Decarbonizzare le scuole italiane con lo sviluppo delle Comunità energetiche rinnovabili e solidali (CERS), sfruttando gli oltre 40 mila tetti degli edifici scolastici.

Legambiente ha da poco lanciato il proprio manifesto “Scuole e università a zero emissioni“, per attivare processi sia educativi che infrastrutturali volti a produrre energia pulita. Un potenziale che potrebbe coprire il fabbisogno di più di 400 mila famiglie.

Il manifesto (sottoscritto, tra i primi, da Associazione Italiana Insegnanti di Geografia, Link, Rete degli Studenti Medi, Rete Nazionale Scuole Green, Save the Children, UdS – Unione degli Studenti, Unione degli Universitari) si configura come un progetto ambizioso, strutturato in 4 fasi. Con protagoniste, appunto, le Comunità energetiche rinnovabili e solidali. Approfondiamo meglio, in questo articolo.

Impianti di energia rinnovabile nelle scuole: la situazione

Il XXI rapporto Ecosistema Scuola di Legambiente aiuta a inquadrare la situazione legata all’edilizia scolastica in Italia.

Inutile dire come il patrimonio attuale risulti particolarmente datato e poco manutenuto. Sul totale dei 7.037 edifici scolastici delle città capoluogo di provincia, uno su due non possiede addirittura le certificazioni obbligatorie, quali agibilità, prevenzione incendi e collaudo statico.

L’88% delle scuole, inoltre, è attualmente sotto la classe energetica C, mentre più della metà non dispone di impianti per lo sport (e solo il 61,2% propone il servizio mensa).

Soltanto il 16,7%, invece, può contare su impianti di energia rinnovabile, così suddivisi:

  • 34,8% impianti solari termici;
  • 69,2% impianti solari fotovoltaici;
  • 1,3% geotermia;
  • 1,2% a biomassa;
  • 0,6% a biogas.

Il quadro è ancora più critico considerando i dati dell’anagrafe dell’edilizia scolastica pubblicati sul Portale Unico della Scuola (marzo 2020): su 40.160 istituti scolastici attivi, almeno 34.111 hanno un impianto di riscaldamento a gas, 24.592 a metano, 5.454 a gasolio, 930 a gpl e 93 un impianto centralizzato ad olio combustibile.

Numeri che evidenziano, qualora ce ne fosse bisogno, la necessità di importanti interventi nel settore della scuola, per diversi motivi. Non solo per migliorare la qualità della vita degli studenti e del personale che vi lavora, ma anche per ridurre l’impatto ambientale che questi edifici possono avere, sfruttando le energie rinnovabili.

Comunità energetiche rinnovabili nelle scuole: le 4 fasi del percorso

Il PNRR metterà a disposizione dell’edilizia scolastica 17 miliardi di euro.

Ecco perché sarà importante sfruttare al meglio le risorse possibili, con programmi di efficientamento energetico e di solarizzazione dei tetti, oltre alla creazione di Comunità energetiche rinnovabili e solidali (CERS).

Come affermato anche da Katiuscia Eroe, Responsabile Energia di Legambiente, “se in tutti i 40 mila edifici scolastici attivi in Italia installassimo 20 kW di pannelli solari fotovoltaici riusciremmo in breve tempo a produrre energia pari al fabbisogno di oltre 400 mila famiglie, portando benefici ambientali e sociali“.

Nel dettaglio, sono 4 le fasi individuate nel manifesto Legambiente per “Scuole e università a zero emissioni”:

  • creare consapevolezza su temi quali innovazione sociale, sviluppo e qualità della vita, organizzando workshop formativi;
  • monitoraggio su consumi elettrici, termici e comfort climatico (audit scolastico), per una maggior conoscenza del proprio “peso climatico”;
  • decarbonizzazione dell’Istituto, creando Comunità energetiche rinnovabili e sostenibili e sfruttando i tetti degli edifici scolastici;
  • avviamento di un percorso di efficientamento della scuola, sia tramite i ricavi sia utilizzando gli strumenti incentivanti esistenti (ad esempio il conto termico).

Comunità energetiche in Italia: un potenziale da 17 GW al 2030

In generale, lo strumento delle comunità energetiche rinnovabili si basa sull’autoconsumo e sulla condivisione di energia da fonti rinnovabili, e può portare ad un risparmio in bolletta fino al 30%.

In Italia, l’interesse verso questo tipo di configurazioni sta crescendo costantemente, anche se rimangono alcune questioni aperte sul tema (come il completo recepimento delle Direttive europee su autoproduzione e scambio di energia).

Le principali criticità da superare, secondo Legambiente, riguardano:

  • dimensionamento del perimetro delle comunità energetiche;
  • potenza degli impianti;
  • definizione degli incentivi;
  • governance del meccanismo;
  • problematiche legate alle cabine secondarie;
  • allargamento a soggetti come ONG ed enti del terzo settore.

Rimane il fatto che, in base a uno studio Elemens-Legambiente, le comunità energetiche hanno un potenziale da offrire non indifferente: ben 17 GW di nuova potenza dalle rinnovabili entro il 2030, ovvero il 30% circa dell’obiettivo climatico del PNIEC.

Per approfondire questa tematica, qui trovi un nostro precedente articolo dedicato.
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