Le celle solari in perovskite rappresentano il futuro, neanche troppo lontano, del nuovo fotovoltaico senza silicio. Ecco gli ultimi sviluppi Le celle solari in perovskite rappresentano il futuro, neanche troppo lontano, del nuovo fotovoltaico senza silicio (o almeno, con un utilizzo limitato di quest’ultimo materiale). In pochi anni, gli studi di settore hanno ottenuto miglioramenti incredibili in termini di efficienza grazie alla perovskite: progressi che il fotovoltaico in silicio ha raggiunto in molto più tempo e che, visti gli sviluppi più recenti, non dovrebbero tardare ancora molto la diffusione su larga scala delle celle realizzate con questo “nuovo” materiale. In questo articolo vediamo cosa sono le PSC (Perovskite Solar Cells) e gli ultimi progressi legati a questa nuova tecnologia.
La perovskite è un cristallo minerale molto sensibile alla luce, che deriva il proprio nome da Lev Perovski (1792-1853), grande mineralogista e Ministro della Corte Imperiale russa. Nello specifico, si tratta di biossido di titanio di calcio, materiale con struttura cristallina molto particolare ma anche un ottimo conduttore. Sebbene si tratti di un materiale scoperto ancora nel 1839, solo di recente gli studi del settore fotovoltaico hanno iniziato ad usare la perovskite per creare delle nuove celle solari ad alta efficienza. Dai primi risultati ottenuti, nel 2009, dove i livelli di efficienza si attestavano sul 3,5%, i progressi sono stati notevoli, arrivando ben presto ad oltre il 20% e, quindi, sulle stesse cifre delle celle in silicio. A fare la differenza, però, è lo spessore di questo materiale (circa un micrometro), che è infinitamente più sottile rispetto al silicio. Utilizzando la perovskite come strato attivo per immagazzinare la luce, la superficie rimarrebbe la stessa ma l’efficienza sarebbe maggiore, anche grazie alla flessibilità e alla trasparenza di questo materiale: fattori che potrebbero aprire il campo anche ad applicazioni più ampie, come ad esempio le vetrate di palazzi ed edifici.
Pur essendo molto promettenti, le celle solari in perovskite hanno da subito evidenziato anche delle problematiche in termini di stabilità e durata delle prestazioni. Oltre alla presenza di una piccola quantità di piombo nei cristalli, che richiede studi specifici per capire come sostituire questo elemento con un altro non tossico (senza rimetterci in termini di rendimenti), le PSC tendono a degradare molto facilmente per l'influenza di fattori legati all'applicazione sul campo, quali l'umidità o la continua esposizione alla luce solare. In questo senso, le principali ricerche a livello mondiale si stanno concentrando su:
Oxford PV è uno spin-off dell’Università di Oxford, fondato nel 2010, e una delle società più importanti al mondo nello sviluppo di tecnologia solare basata sulle celle in perovskite. Già nel giugno 2018 aveva stabilito il nuovo record mondiale di efficienza con il proprio modello di cella tandem silicio-perovskite: 27,3% contro il 26,7% del precedente record per una cella solare al silicio a singola giunzione. Nel dicembre dello stesso anno, tuttavia, tale risultato è stato ulteriormente migliorato, con un’efficienza di conversione del 28% (certificata dal National Renewable Energy Laboratory). Secondo quanto riportato in una nota ufficiale di Oxford PV, i test hanno registrato dati molto importanti anche per quanto riguarda la stabilità delle celle solari, con dispositivi che hanno superato le 2000 ore di test di affidabilità del calore umido. Il risultato, che i ricercatori mirano a portare a oltre il 30% di efficienza, è stato raggiunto su una cella fotovoltaica di 1 cm2: lo step più importante sarà quello di portare questa tecnologia su scala commerciale, rendendola sostenibile e conveniente anche a livello di costi. Oxford PV, non a caso, sta lavorando a un progetto pilota, in Germania, per la realizzazione di celle solari industriali da 156 mm x 156 mm. Vuoi approfondire il tema dei moduli fotovoltaici innovativi? Scopri qui cos’è la tecnologia PERC.